Bertucci Valier.
Doge di Venezia (m. 1658); succedette a Francesco Corner (1656-1658). Il suo breve dogato corrisponde a un periodo particolarmente glorioso della guerra di Candia, per le imprese di Lorenzo Marcello e di Lazzaro Mocenigo.
I DOGI DI VENEZIA
vite, ritratti e stemmi
di ANTONIO NANI 1840
Bertucci Valier fu il padre di Silvestro che fu eletto doge nel 1694 , morì due anni dopo.
Questo Doge (1596 - 1658) discendente dalla famiglia Prioli si sposò con Benedetta Pisani dalla quale ebbe molti figli ma solo uno, Silvestro, visse abbastanza per diventare anch'egli Doge.
Molto ricco e diplomatico di successo era considerato dai suoi contemporanei elegante e di notevole raffinatezza.
Silvestro Valier , immagine tratta da un raro libro a lui dedicato.
Nei festeggiamenti nel 1666 in occasione del passaggio per gli Stati Veneti della Serenissima di Margherita, figlia del Re di Spagna, in viaggio per raggiungere il futuro marito Leopoldo I d’Asburgo, Imperatore del Sacro Romano Impero.
Le cronache del tempo raccontano che il futuro Doge si presentò agli ospiti della villa di famiglia di Mira sul Brenta con un abito foderato di merletto d'oro, con grossi diamanti per bottoni e una pesantissima spada ricoperta di pietre preziose..
Silvestro Valier.
Doge di Venezia (m. 1700), figlio di Bertuccio; fu eletto doge nel 1694. Nei sei anni del suo dogato si concluse l'impresa di Chio, con l'abbandono dell'isola, e si ebbero le gravose paci di Rijswijk e di Passarowitz. Fu sepolto, col padre e la moglie nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, nello splendido mausoleo opera di Andrea Tirali.
Silvestro Valier , sposò Elisabetta Querini
Elisabetta Querini, moglie di Silvestro Valier, fu l'ultima dogaressa di Venezia
Lo spendido Mausoleo dei dogi Valier all'interno della chiesa dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia .
Edificato su progetto di Andrea Tirali e realizzato da Antonio Terzia, Pietro Baratta, Giovanni Bonazza e Marino Gropello, fu l'ultima dimora di Bertuccio, Silvestro Valier e della consorte Elisabetta Querini.
Zanìpolo.
Chiesa dei S.S. Giovanni e Paolo a Venezia . All'interno di essa , a cura della dogaressa Elisabetta Querini all'inizione Settecento è stato ultimato il mausoleo dei dogi Valier.
Palazzo pretorio di Capodistria.
Sotto la seconda finestra trilobata compare un eleborato stemma di OTTAVIANO VALIER (1568) con elmo, svolazzi e cimiero in forma di aquila, due figure muliebri, una delle quali personificante la Giustizia con i noti attributi della bilancia e della spada, mentre l’altra tiene uno scudo sul quale è raffigurata la Gorgone.
Alessandro , trafitto da colpo di cannone
PIETRO VALIER Kr. –Cavaliere- , del N.H. Alessandro nato il 14
Febbraio 1643 sposato nel 1695 con la N.D. Caterina Bernardo del N.H. Leonardo , del N.H. Sebastian , morì nel 1710.
Fu fatto Cavaliere dal Senato per la morte del Figlio Alessandro , come dal seguente decreto :
1690 : Maggio In Pregradi.
Ripieno di ardente sviscerato zelo per il vantaggio, per la gloria della Patria, ha il già Almirante delle navi del nob. vir ALESSANDRO VALIER con esemplar
coraggio e valore incontrato e sostenuto per un’intiera giornata il furore degli Ottomani che ritrovatolo con una sola Conserva, lo soprafecero, ed investirono con 12 poderose navi . Ha supplito
con somma lode a tutte le parti d’ottimo cittadino in così ardua occasione , come s’era inteso dale lettere del Cap.Prito , e benché le sia toccato soccombere dopo lungo e duro contrasto,
restando trafitto da colpo di cannone che non ha lasciato a nemici intiera la Vittoria, mentre pur Essi rilevarono esenzialissimi danni, per li quali furono divertiti dal soccorrere Malvasia, ove
erano addirizzati ,né poterono approfittarsi della preda delle due navi, una essendo rimasta incendiata ,e l’altra calata al fondo.
Quanto è sensibile la perdita di un Soggetto così valoroso e che nel corso di più anni sostenendo navy militari impieghi ha prestato sempre fruttuoso e zelante servizio , rimarcato con altre
rilevanti ferite , altrettanto è grande e lodevole l’esempio che ha dato di sè stesso , degno di perpetua memoria e delle più grate rimostranze.
Nella comune assunzione per questo caso funesto ,si rende oggetto del pubblico compatimento il Diletto nobil vir Pietro Valier suo Padre, che nell’età grave in costituito, esperimento d’esser
stroncato il corso alla continuazione di quel servizio, che Egli più di ogni altra cosa bramava vedere nel Figlio lungamente portato a vantaggio della Patria.
Essendo però conveniente vendèrlo quanto si possa consolato coll’estendere sopra di lui medesimo gli atti soliti della Publ. Generosità , che manifestino in forma distinta il merito del Defunto,
e la gratitudine del Senato .
L’anderà Parte , che per moto spontaneo della Benignità di questo Consiglio ,
il Dil. nobil viro Pietro Valier sia creato Kr (cavaliere ) di S. Marco con tutti li onori , prerogative e preminenze proprie di tal Grado, e voglia questo onorato freggio a rimarcare non meno la
Publ. Gratitudine , che a distinguere le singolari benemerenze di questa prediletta Casa.
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1695 : 25 . Mag°in Col°
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Gio Batta Nicolosi Seg. rio.
Da “M. BARBARO, DISCENDENZE PATRIZIE, 7, VENEZIA, BIBLIOTECA DEL MUSEO CORRER DI VENEZIA .”
Il leone alato , simbolo della Serenissima rappresentato con l'arma Valier al posto del libro del Vangelo,
L' interessante composizione , datata 1696 è un fregio della canna di un cannone veneziano facente parte di una batteria, rivolta al mare, della fortificazione della città di Nafpli.
Esso fu usato durante la guerra Turco-Veneziana dal 1684 al 1689 durante il dogato di Silvestro Valier.
Zaccaria Valier , podestà-capitanio di Este nell'atto passare le consegne a Lorenzo Foscarini quale suo successore , la cerimonia avvenne a Padova.
Particolare di un telero del secolo XVII conservato nel palazzo comunale di Padova, opera di Pietro Damini.
Altre precedenti memorie padovane :
Dalle cronache di Nicolò Rossi:
“(...) essendo già stato eletto per Capitanio di questa Città l’Ill.mo Sig.r Silvestro Valiero in loco di Massimo suo fratello che haveva reso il suo Reggimento con buona pace e perfetta soddisfatione di tutto il Popolo a lui soggetto così nelle sue Giudicature civili, come nelle criminali, pietosamente e religiosamente, che fu universalmente da tutti stimato quasi un huomo santo, entrò in Padova questo suo fratello Silvestro Capitanio alli 20 di Decembre 1619 con grandissimo concorso di Popolo per veder doi fratelli un dopo il altro Capitanii di Padova con tanto applauso che niente più. Se il primo fratello si portò bene, il secondo si diportò benissimo, perché sotto il suo Governo furono fatte Giostre e Feste solennissime con bellissime livree di Cavalieri, si corse sopra la Piazza della Signoria all’Anello, alla Quintana, et all’incontro la Giobia grassa, la Domenica, il Luni e il Marti di Carnevale furono dispensati li premi a chi più li meritò. […] Così questo Carnevale passò molto giocondo e festevole, e quello che importa più con grande quietezza e senza disturbo di sorte alcuna con grandissimo contento dell’Ill.mi Rettori e Populo della Città."
Lo stesso Rossi annota in una data successiva al 22 settembre 1620:
"Venne poi la nova a Padova che Nostro Signore Papa Paulo V haveva creato Cardinale Monsig.r Valiero N[obile] V[eneto]: furono fatti per tre giorni continui fuochi, e girandole, e gran visite furono fatte dalli SS.ri Padovani per esser l’Ill.mo Capitanio parente strettissimo di questo Ill.mo novo Cardinale, e della medesima Famiglia Valiera, ma la povertà di questa Città non si mostrò troppo contenta di queste particolari allegrezze, essendo che il pretio del Frumento saltò sino a £ 8.2.2 il staro, come anco le altre biave: si che tutti li poveri Artigiani e carichi di famiglia restavano mal contenti e malissimo soddisfatti dal governo di questo presente Reggimento di Podestà di Ottavian Valiero [sic: recte Ottavian Bon, Podestà dal 22 settembre 1620 al 27 febbraio 1622] che da principio ne havevano tutti concepito un animo tale che sotto il suo Reggimento dovesse apportare l’età dell’oro, ma finhora restano ingannati, tuttavia non mancava di far tutte quelle necessarie provigioni che la stagion comportava, essendo che anco fuori dal Territorio Padovano erano in ogni luogo carissime, et questo attribuivasi alle provisioni della Guerra”
(preparativi alla prima fase della guerra dei Trent’anni).”
Si ringrazia Franco Benucci.
Il Senatore della Serenissima Ottaviano Valier in un dipinto attribuito a pittore Tintoretto
VITA , GLORIA E MORTE DI GIOVAN FRANCESCO VALIER
Le convenzioni dell'epoca , ma soprattutto le leggi non consentivano che i patrizi veneziani nati al di fuori del matrimonio fossero registrati all'Avogaria di Comun ma avviati alla Mercatura oppure “incoraggiati”, in giovane età, ad intraprendere la carriera ecclesiastica . Giovan Francesco Valier figlio di Carlo, di Girolamo, di Ottaviano apparteneva ad una delle più antiche e prestigiose casade di Venezia , Il padre Carlo era sposato con Lucrezia Contarini vedova Morosini la quale non riuscì a darle un figlio maschio, Giovan Francesco probabilmente fu concepito da una servetta ma riconosciuto dal padre.
Nel 1505 prese i voti e fu un chierico-quasi bambino, ma sapevo dove voleva arrivare ed in pochi anni divenne segretario del potente cardinale Dovizi di Bibbiene e fu chiamato alla corte pontificia.
Se non fosse diventato un personaggio geniale, colto, erudito, un grande del mondo letterario della sua epoca , sarebbe stato un classico figlio di buona famiglia allegro compagnone, sciagurato dilapidatore, scapestrato attore di mille bravate,sottoprodotto della cultura senza tempo del godimento e della bella vita.
Amava collezionare rarità, circondarsi di cose belle di preziosi cimeli dell'antichità , monete , orologi intarsiati, dipinti.
Prima dell'incarico romano Giovan Andrea ebbe l'opportunità di recarsi spesso a Mantova frequentandone la corte, prendendo quindi confidenza con il bel mondo.
Ricoprì delicati incarichi facendo la spola tra Gonzaga e la Serenissima, approfondì gli studi umanistiche ed incominciò a cimentarsi con la narrazione novellistica, prediligendo il genere boccaccesco, ma si cimentò altresì il genere epico cavalleresco e scrisse svariati sonetti.
Strinse amicizia con il coetaneo Pietro Bembo che sarebbe divenuto ottimo scrittore, poeta, teorico del volgare e con lui condivideva la passione del collezionista.
Tra goliardate e crisi depressive il giovane Valier si trasferì quindi a Roma dove presto vi ritrovò un gruppetto di amici , che considerò la sua vera famiglia:
Il già citato Bembo, Baldassar Castiglione , ambasciatore di Urbino, il concittadino Andrea Navagero ed essi si aggiunse il grande Raffaello che ritrasse gli ultimi due.
La corte pontificia di Leone X non era certo un esempio di modestia e moralità e ben presto Lutero lo avrebbe fatto concretamente notare.
Nel 1520 morì Raffaello e Castiglione dopo la successiva perdita della moglie per parto, presi i voti e fu nominato nunzio apostolico in Spagna da Clemente VII.
Giovan Francesco perse il protettore cardinal Bibbiena , da tempo ne aveva abbracciato il partito filo- francese anti-imperiale e la fedeltà a Francesco I , generosamente ricompensata con benefici ecclesiastici, minarono i rapporti già non idilliaci con la Repubblica Serenissima che al fine ciò gli risultò fatale.
Il Valier fu nominato con decreto papale pievano della bella chiesa di San Donato a Mestre, notizia che accolse con freddezza e mai si dedico alla cura di anime muranesi , probabilmente aveva alquante difficoltà nel curare della propria.
Rare saranno le sue visite a Murano , preferendogli “ la città ” pur essendo l'isola, all'epoca ricca di ville sontuose e rigogliosi giardini, tra le quali quella dell'amico poeta Andrea Navagero.
Gli affari , il potere , la letteratura la politica internazionale passavano per Venezia e Giovan Francesco,uomo di mondo, dopo il periodo mantovano, quello romano e l'ultimo, quello francese non volle allontanarsi da coloro che contavano, abitò vicino alla Piazza accanto al ponte dei Grieci dove ebbe due figli non si sa da chi e manteneva una ventina di servi, famigli e preti.
A Padova abitava Pietro Bembo con il quale aveva condiviso le goliardate giovanili e l'amore per la letteratura e la poesia , l'amico, entrato nell'Ordine di Malta in attesa della nomina a cardinale viveva coi i suoi tre figli e le sue collezioni di libri .
Da Madrid Baldassar Castiglione aveva mandato una copia manoscritta dell'opera che, stampata dagli eredi di Aldo Manunzo, sarebbe diventato un vero best seller del secolo: “ Il Cortegiano “ al Bembo, chiedendogli di non badare troppo alla forma che sarebbe stata revisionata e corretta .
La scelta del correttore cadde proprio su Giovan Francesco Valier, uno dei più eruditi scrittori in lingua volgare, stimato da Bernardo Tasso e dall'Ariosto che ne tesse gli elogi nel suo “Orlando Furioso”.
Misogeno seppur decisamente attratto dalle donne quasi sicuramente fu l'ispiratore se non lo scrittore di una commedia erotica che trattava malissimo due nobildonne di Casa Valier entrambe innamorate dello stesso uomo, il manoscritto della “ Venexiana” fu ritrovato solo nel 1928.
L'accanimento per onore delle familiari sarebbe materia per psicologi.
La commedia fu portata in scena da compagnie teatrali di soli uomini , nel periodo nel quale gli patrizi goliardi e goderecci delle Compagnie delle Calze si davano alle pazze gioie giocando a rimpiattino con i Signori di Notte ed i loro sbirri tra le calle ed i campi.
La calata dei Lanzichenecchi, l'orrore del Sacco di Roma non fecero che rafforzare l'avversione che Valier covava nei confronti l'Impero e la fiducia nutrita per la politica francese che potesse contrastarla efficacemente, d'altra parte la generosità del re di Francia Francesco I nel concedere benefici ecclesiastici era utile per puntellare uno stile di vita decisamente dispendioso.
I viaggi tran-cis-alpini pongono il maturo pievano sotto lo stretto controllo dei tre Inquisitori ai Tradimenti.
L'accusa è quella di fornire alla Francia notizie riguardanti accordi segreti tra la Serenissima ed i Turchi ; a fare il suo nome sotto tortura uno dei “congiurati" Agostino Abondio, Niccolò Cavazza fu il terzo sfortunato.
La condanna a morte per impiccagione è emessa dal Consilio dei Dieci, la Repubblica di Venezia non concede sconti, non guarda in faccia nessuno, il patriziato va al patibolo il patriziato va al dogato, meno di un secolo dopo sarà eletto Bertucci Valier un doge con cognome e sangue comune.
Giovan Francesco viene torturato, storpiato, ma non accusa nessuno, non si ritiene colpevole.
Dai “piombi“ detta le sue ultime, scrupolose volontà al notaio, ha più debiti che crediti vantati e lascia come esecutore testamentario Ser Lunardo il marito della sorella Bianca, dispone che le sue fatiche letterarie siano distrutte.
Tutti i residui scritti, e la sua immagine furono eliminate secondo la legge della "damnatio memorie", pochissimo è rimasto.
Il patibolo fu eretto come era consuetudine tra le due colonne di Piazza S.Marco, Il giorno prima dell'esecuzione Giovan Francesco ottenne si essere ricevuto dai Dieci e si spese in una commuovente peraltro inutile difesa, dando fondo alla sua eloquenza erudita.
Alle nove di mattina di venerdì 22 settembre del 1542, il triste corteo dal portone del palazzo Ducale si avvia verso le colonne dove è stato eretto il patibolo con i tre pali di sospensione , davanti un'ottantina di confratelli incapucciati della Scola di San Fantino con la torcia in mano, seguono Cavazza, Valier e Abondio , il primo, appeso, muore con difficoltà , Giovan Francesco, zoppica vistosamente, risponde alla richiesta di perdono del capo delle guardie, rinuncia ai suoi benefici ecclesiastici a favore dei figli e parla a bassa voce con il pievano di S. Samuele, forse si confessa , si aggiusta il cappio sul collo con le mani legate davanti , privilegio dei prigionieri appartenenti a nobile famiglia e dignitosamente fa un cenno al boia .
Tutti i suoi cari amici letterati erano ormai morti da anni, sotto gli occhi inorriditi dell’ambasciatore mantovano, patrizi e cittadini muore Giovan Francesco con il quale il sottoscritto ha un comune avo, Ottaviano, lontano 15 generazioni.
Sergio de Mitri Valier
Carlo Goldoni amava prendere di mira nelle sue commedie il Patriziato , tra i bersagli preferiti vi erano i Valier , vedi ad esempio -La Locandiera -
Nell' "L'avvocato veneziano" era stato poco rispettoso con il potente Avvogador di Comun e Senator Bernardo , di seguito si riporta la successiva "sviolinata" riparatrice.
A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR BERNARDO VALIER
PATRIZIO VENETO E SENATORE AMPLISSIMO
Quand’ebbi l’onore di dedicare a V. E. il mio Avvocato Veneziano, ella copriva allora l’illustre, autorevole carico di Avvogador di Comun. Per questa
via, tanto onorifica, quanto difficile e laboriosa, ella è pervenuta al grado eccelso di Senatore, ed io in questa mia novella edizione mi consolo con V. E. che lo ha meritato, e con l’augusta
Patria che ha riconosciuto il merito e ricompensato. Infatti, che altro fa una Repubblica, esaltando e ricompensando i suoi Cittadini, che dar gloria a se stessa ed animare i membri che la
compongono ad esser utili al suo Governo? Fra tutte le strade che conducono i Patrizi Veneti alla dignità Senatoria, V. E. ha calcato la più spinosa; ma là è, dove ha potuto meglio brillare il di
Lei talento, esercitando la pietà, e la giustizia, che sono in Lei due virtù indivisibili e connaturali. Mi pare sentirmi dire da qualcheduno: Questa colleganza di pietà e di giustizia è il
solito elogio che si dà a tutti quelli che hanno qualche pubblico impiego, come se uno potesse esser giusto senza esser pio, e potesse esser pio senza esser giusto. Io trovo la riflessione assai
ragionevole; poiché la vera pietà, nell’animo di chi la esercita, non va mai disgiunta dalla giustizia, e la giustizia è un atto di pietà particolare, quando benefica, e un atto di pietà
universale, quando castiga. Ma nel castigo ancora si può far uso della pietà particolare, quando, per esempio, un Giudice è fornito di quella bontà di cuore, che è naturale in V. E.
Poco ci vuole a consolare un afflitto, a confortare uno sfortunato. I rei talvolta tremano più alla vista di un Giudice aspro, inumano, che a quella
della pena che han meritato. I condannati benedicono la dolcezza di chi li condanna, e gli assoluti si lamentano di chi li ha maltrattati. Quindi è, che nessuno è partito dal di Lei Tribunale
malcontento, che i buoni hanno lodato la di Lei giustizia, ed i rei hanno confessata la di Lei pietà. Queste due virtù, che trionfano in un Magistrato, trovano luogo ancora da esercitarsi in
particolare. La giustizia prende il nome di retto giudizio. di talento quadrato, di cognizione perfetta; e la pietà prende quello di affetto, di compassione, di attaccamento, di protezione. Parmi
che Vostra Eccellenza abbia voluto usar meco abbondantemente di questi due attributi. Col primo ella mi ha amato e protetto; col secondo ella mi ha illuminato e corretto, e ne ho riportato da
tutti e due onore e profitto.
Nel rinnovellare adunque l’edizione delle mie Opere, supplisco non solamente alla primiera intenzione, ma valgomi dell’occasione per supplicarla di
continuarmi, lontano, quella bontà e quella protezione che si è degnata usarmi dappresso, e permettermi ch’io possa gloriarmi sempre di essere, quale con profondo ossequio mi dico
Di V. E.
Vostro Devotiss. Obbligatiss. Servitore
CARLO GOLDONI
Appartenente alla nobile famiglia veneziana dei Valier, Agostino fu vescovo di Verona (1565-1599) e influente membro del Sant'Uffizio.
Svolse il ruolo di padre della chiesa post-tridentina, che ebbe a Verona esemplari manifestazioni, guidando la diocesi in un lungo magistero ricco di opere spirituali e sociali.
Per le proprie precarie condizioni di salute, nel 1565 Bernardo Navagero, suo zio materno, dovette a rinunciare alla cattedra episcopale veronese e per assicurare che l’opera di riforma proseguisse, si appellò a Pio IV affinché venisse designato il nipote Agostino Valier. Fu grazie all’intervento di Carlo Borromeo che Pio IV, derogando alle leggi canoniche, il 18 maggio 1565 nominò Agostino Valier vescovo di Verona. Fin dall’inizio fu ligio alle prescrizioni tridentine radunando subito il sinodo, che indisse poi ogni anno: egli riceveva i sacerdoti abbracciandoli e tenendo loro discorsi pieni di carità paterna, incitandoli alla necessità di applicare celermente i decreti del Concilio. I punti chiave sui quali il Valier operò con maggior insistenza furono la pietà eucaristica, la moralità dei sacerdoti e dei responsabili di associazioni laicali, l’insegnamento della dottrina cristiana.
Stemma del Vescovo di Verona Agostino Valier (1565-1606)
Si trova in abbazia sopra l'arcone principale
Lo stesso stemma è presente sulla facciata del Duomo di Verona.
Stemma lapideo di Agostino Valier , intarsiato nella cattedrale di Verona
Il cardinal Pietro Valier fu creato arcivescovo di Candia nel 1621
Pietro Valier .
Creato Cardinale da Paolo V durante il concistoro dell'11 gennaio 1621.
n.Venezia 1574 +Padova 1629.
Il cardinal Pietro Valier era nipote del card. Agostino Valier e pronipote del card. Bernardo Navagero.
La storia delle Oselle ha inizio con un antico previlegio, di tipo feudale, di cui era beneficiario il Doge ; a lui ed a lui solo infatti era riservata la facolta' di cacciare in determinate localita'. Ma alla fine del XIII secolo uscirono diverse leggi che limitarono i poteri del Doge, trasferendoli via via ai vari Consigli. Fra queste vi era quella che precisava che la facolta' di
cacciare in queste riserve era "concessa" dal Patriziato e non era un "diritto". Venne percio' stabilito, che per poter continuare ad ottenere questo privilegio, il Doge, nel mese di dicembre di ogni anno, dovesse donare ai nobili, in segno materiale e tangibile della sua riconoscenza, un certo numero di volatili provenienti da queste zone.
Oggetto di questo dono erano delle anatre selvatiche dai "piedi rossi" chiamate, in dialetto veneto "Mazzorini": di questa specie, le piu' prelibate erano le femmine e quindi proprio da loro deriva il termine di "uselle" od "oselle", inteso come "uccelli femmina".
Soprattutto per ragioni atmosferiche, ma anche perche' talvolta la zona della laguna di Marano (da cui provenivano in prevalenza tali anatre) era occupata da gente nemica, poteva accadere che non fosse possibile raggiungere il numero di
volatili, necessario per il dono da farsi a dicembre. Cosi' gia' nel 1361, stando ad un decreto del Maggior Consiglio, fu possibile integrare il donativo con dei denari, in modo tale che l'omaggio divenisse o di cinque oselle o della corrispondente somma di 12 grossi. Secondo il Papadopoli, il donativo in denaro non era ben accetto dai nobili ed infatti, nel 1521, nella correzione della promissione dogale, seguita alla morte di Leonardo Loredan, venne stabilito che dovesse essere coniata una moneta del valore di 1/4 di ducato d'oro da distribuirsi a dicembre, in sostituzione delle anatre. Nacque cosi' l'Osella (con la "O" maiuscola, come dice il Werdnig), che per l'appunto prende il nome dalle oselle che andava a sostituire come donativo.
Cio' avvenne sotto il dogado di Antonio Grimani (1521-1523).
VENEZIA - Silvestro Valier (1694-1700) - Osella 1694 (I) - Vittorie di Narcenta in Dalmazia e di Chio; D/ S Marco assiso a s porge il vessillo al Doge; R/ Due alberi spuntano da 2 terre, sopra, cartiglio con motto - g 9,21
VENEZIA - Silvestro Valier - Osella 1695 (II) - Indicando la via col proprio esempio; D/ S Marco assiso a s porge il vessillo al Doge; R/ Due aquile con corno ducale in volo verso sole raggiante - g 9,44
VENEZIA - Silvestro Valier - Osella 1696 (III) - Vittorie in Grecia e nel Mare Egeo; D/ S Marco assiso a s porge il vessillo al Doge; R/ Allegoria della costellazione del Leone con spada nella zampa d, sotto, emisfero terrestre - g 9,82
VENEZIA - Silvestro Valier - Osella 1697 (IV) - (AB) - Vittoria navale di Andros; D/ S Marco assiso a s porge il vessillo al Doge; R/ Braccio loricato crucigero - g 9,52
VENEZIA - Silvestro Valier - Osella 1698 (V); D/ S Marco assiso a s porge il vessillo al Doge; R/ Leone rampante a d in difesa di un tempio cristiano - g 9,13
VENEZIA - Silvestro Valier - Osella 1699 (VI) - Pace di Carlowitz; D/ S Marco assiso a s porge il vessillo al Doge; R/ Colomba con ramo d’ulivo nel becco in volo su paese - g 9,52
VENEZIA - Elisabetta Querini Valier moglie di Silvestro Valier - Osella tipo medaglia 1694; D/ Busto della dogaressa con capelli ornati di velo e corno ducale; R/ Legenda entro corona d’alloro - g 10,06